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libro secondo - capitolo vi 329


riva esser fede divina ed escludere ogni dubitazione quella che ciascuno presta alle divine revelazioni fatte a sé proprio; ma quando quelle sono dalla Chiesa ricevute, allora è fatta fede universale, cioè cattolica; e che sola questa riguarda li articoli della fede; la quale però nella certezza e nella esclusione del dubbio non è superiore alla privata, ma la eccede solo nella universalitá. Cosí tutti li profeti, delle cose da Dio rivelategli, aver prima avuta fede privata; delle quali medesme, dopo ricevute dalla Chiesa, hanno poi avuto fede cattolica. Questa sentenzia alla prima udita parve ardua; e li medesimi aderenti al Catarino, che erano tutti li carmelitani (perché Gioanni Bacon lor dottore fu di quella opinione), e li vescovi di Sinigaglia, Vorcestre e Salpi, al principio mal volentieri passavano tanto inanzi; ma poi, pensata e discussa la ragione, è maraviglia come da parte notabile de prelati fu ricevuta, sgridando il Soto che fosse troppo a favore de’ luterani, e defendendo gli altri che non sarebbe da censurar Lutero, se avesse detto che dopo la giustificazione segue quella fede, ma ben perché dice che quella è la fede che giustifica.

Alle ragioni dell’altra parte rispondevano che non si debbi attender li scolastici, quali hanno parlato fondati sopra la ragione filosofica, che non può dar giudicio del li moti divini; che l’autoritá di Salomone non era in quel proposito, poiché dicendo «nessun poter sapere se è degno di amore o di odio», applicandola qui concluderebbe che il sceleratissimo peccatore con perseveranza non sa d’esser in disgrazia di Dio; che il detto della Sapienza meno si può applicare, e la traduzione rende inganno, perché la voce greca ἰλασμός non significa peccato perdonato, come è stata tradotta, ma espiazione o perdono: e le parole del Savio sono un’admonizione al peccatore di non aggiongere peccato sopra peccato per troppa confidenza del perdono futuro, non del passato; che non bisognava sopra un errore dell’interprete fondar un articolo della fede. (Cosí in quel tempo li medesimi, che avevano fatto autentica l’edizione Vulgata, parlavano di quella; il che potrá anco ognuno osservare dalli libri stampati da quelli che intervennero