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360 | l'istoria del concilio tridentino |
XIV. Che l’uomo è assoluto e giustificato, perché lo crede fermamente.
XV. Che sia tenuto per fede a credere d’esser certamente nel numero de’ predestinati.
XVI. Chi dirá esser certo d’aver il dono della perseveranzia senza special revelazione.
XVII. Che li soli predestinati ottengono la grazia.
XVIII. Che i precetti di Dio siano impossibili al giustificato.
XIX. Che non vi sia altro precetto evangelico che della fede.
XX. Che il giusto e perfetto non sia obbligato ad osservar li comandamenti di Dio e della Chiesa, o vero che l’Evangelio sia una promessa, senza condizione dell’osservanza dei comandamenti.
XXI. Che Cristo è dato per redentore, non per legislatore.
XXII. Che il giustificato possi perseverar senza special aiuto di Dio, o non possi con quello.
XXIII. Che il giusto non possi peccare, o vero possi evitar tutti li peccati veniali, se non per privilegio speciale, come la Chiesa tiene della Vergine.
XXIV. Che la giustizia non si conservi e accresca per le buone opere, ma siano frutti o segni.
XXV. Che il giusto in ogni opera pecca mortalmente o venialmente.
XXVI. Che il giusto non debbe sperar mercede per le buone opere.
XXVII. Non esservi altro peccato mortale che l’infedeltá.
XXVIII. Che, perduta la grazia, si perda la fede, o vero la fede rimanente non esser vera, né di cristiano.
XXIX. Che, peccando dopo il battesmo, non possi l’uomo rilevarsi con la grazia di Dio, o vero possi ricuperarla con la sola fede, senza il sacramento della penitenza.
XXX. Che ad ogni penitente vien rimessa la colpa e la pena intieramente, non restando pena temporale da pagar in questa vita o in purgatorio.