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libro secondo - capitolo ix | 415 |
dell’imperatore, essendoci un suo ambasciatore che trattava
quotidianamente con loro. Aveva anco per altro suspetto Cesare, considerando la prosperitá della fortuna che in quel
tempo correva, la qual suol indur gli uomini a non saper
metter fine alli disegni: faceva reflesso sopra il permettere la
religione per convinienza, attribuendo che fosse a fine di acquistar la grazia de’ luterani. Considerava le querimonie usate
non solo dall’imperatore, ma anco dalli ministri al partir
delle genti italiane; l’aversi doluto d’esser abbandonato nel
bisogno: dubitava di lui, sapendo che attribuiva al duca di
Piacenza suo figlio la sedizione di Genoa; sopra tutto ponderava le parole dette al noncio, di non aver maggior nimico
del papa. Temeva che, se li fosse venuto fatto di stabilir in
Germania un’autoritá assoluta, fosse poi entrato in pensiero
di far l’istesso in Italia, adoperando il concilio per opprimere
il pontificato. Vedeva che restava come arbitro, attesa l’incurabile indisposizione del re di Francia e la prossima morte
che si prevedeva; del dolfino non sapeva quanto potersi promettere, come di giovane non ancora esperto. Teneva per
fermo che li prelati, quali sino allora aderivano alla corte
romana, quando l’imperator avesse fatto la scoperta, s’averebbono dechiarato per lui, o per timore della maggior potenza, o vero per emulazione che tutti hanno alla grandezza
pontificia, la qual scoprirebbono, quando vedessero aperta
strada sicura di moderarla.
Questi rispetti lo fecero risolvere a sicurarsi del concilio in qualche maniera: il finirlo non pareva cosa fattibile, attesa la moltiplicitá delle cose che restavano da trattare; la sospensione ricercar qualche gran causa, e nondimeno esser una provvisione leggiera, perché sarebbe immediate ricercato di levarla. La translazione in luoco dove egli avesse autoritá assoluta pareva il miglior conseglio. E poiché questo si aveva a fare, farlo in maniera che rimediasse a tutti li pericoli; che non poteva avvenire se non celebrandosi nelle terre sue. A queste pensando, non giudicò bene trattar di Roma, per non far tanto parlare alla Germania. Bologna li parve ottima, come