Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/17

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libro terzo - capitolo i 11


anco molti mesi, però esser di parer di allongar la sessione a beneplacito del concilio: questo, senza dubbio, esser il miglior partito. E se alcun dicesse che, sapendo il tempo prefisso, ordinarebbe meglio i fatti propri, questi possono ben esser certi che fra pochi giorni si potrá vedere che corso e progresso sia per avere la sinodo. Piacque a tutti che fosse prorogato a beneplacito del concilio, e furono licenziati.

Questo giorno stesso li prelati di Germania congregati nella dieta, cosí volendo Cesare, scrissero al papa dimandando che fosse ritornato in Trento il concilio. Era la lettera mista di preghiere e di minaccie: esponeva il cattivo stato e pericolo di Germania, al quale si averebbe potuto provvedere se il rimedio del concilio fosse stato dato a tempo, e in Germania, come era stato richiesto; perché avendo essi ampie giurisdizioni, non potevano longo tempo star lontani; e per quella stessa causa niuno era andato né a Mantoa né a Vicenza, e pochi a Trento, cittá che essa ancora appartiene piú tosto all’Italia, specialmente al tempo della guerra. Ora, redutte le cose in tranquillitá, erano entrati in gran speranza che la nave fosse ridotta al porto, quando fuori d’ogni espettazione hanno inteso il concilio, nel quale era posta ogni speranza, esser trasferito altrove, o piú tosto diviso. Per il che, privati di questo remedio, non gli restava altro se non il ricorso alla Chiesa apostolica, con pregar Sua Santitá, per la salute della Germania, a restituir il concilio in Trento; il che facendo, non esserci ossequio che da loro non si debbia promettere; altrimenti non restar loro dove poter ricorrere per aiuto contra li imminenti mali e pericoli. Però si degni aver in considerazione la loro dimanda, pensando che, se egli non vi provvederá, sará possibile assai che sia pensato ad altri consegli e maniere per metter fine alle difficoltá: pregando finalmente la Santitá sua a ricever in bene la loro lettera, essendo essi costretti a viver cosí dall’ufficio proprio e dalla condizione de’ tempi.

Fece di piú Cesare opera diligentissima acciocché tutti si

sottomettessero al concilio, istando, pregando e richiedendo