Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/29

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libro terzo - capitolo i 23


contribuito certo leggier aiuto di gente, si può dir però che con le sole forze di Cesare una tanta guerra sia ridotta a fine. Nella quale mentre egli era occupato, ecco che la buon’opera principiata in Trento fu interrotta con un pernicioso tentativo di trasferir il concilio sotto pretesti non veri né verisimili, ma solo ad effetto che non sortisse il fine della quiete comune, non ostante che la piú pia e sana parte delli padri si opponesse e rimanesse nell’istesso luoco. Che a questi doverebbe esser dato il nome di concilio, e non a quelli che sono ritirati a Bologna, quali la Santitá sua onora di quel nome per esser aderenti a lei, la volontá de’ quali antepone alle preghiere dell’imperatore, del re Ferdinando e delli principi dell’Imperio, non curando la salute di Germania e la conversione delli sviati, per ridur li quali, poiché si sono contentati di sottomettersi al concilio di Trento, non restarebbe altro che ritornarlo in quella cittá. Del che essendo da esso ambasciatore per li nomi sopraddetti supplicato, ha dato una risposta piena di artifici e senza alcun fondamento di ragione: laonde vedendo che le requisizioni evangeliche fatte a’ 14 e 27 decembre alla Santitá sua da lui come ambasciator cesareo, e a’ 16 gennaro in Bologna da altri procuratori della medesima Maestá, delle quali né in uno, né in altro luoco era stato tenuto conto, allora protestava la partita da Trento e la transazione del concilio a Bologna esser nulle e illegittime, che introdurranno contenzione nella Chiesa, metteranno la fede cattolica e la religione in pericolo: oltreché di presente danno scandolo alla Chiesa e deformano il suo stato; che tutte le ruine, dissidi e scandoli che nasceranno si doveranno imputar a Sua Beatitudine, la qual, ancorché obbligata sino al sangue a provvedervi, favorisce e fomenta li autori; che l’imperator per defetto e colpa di Sua Santitá vi provvederá con tutte le sue forze, per ufficio suo come imperatore e re, secondo la forma statuita dalli santi Padri e osservata con consenso del mondo. Voltato poi alli cardinali, disse che, ricusando il papa di attender alla pace della religione, unione della

Germania e riformazione dei costumi, se essi medesimamente