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326 l'istoria del concilio di trento


la temeritá degli innovatori; non sentí dispiacere che quattro si fossero opposti, perché temeva d’aver maggior numero de contrari; esortò li cardinali a riformarsi, poiché si vedeva necessitá di trattar con persone irrespettive; diede ordine che fossero sollecitati gli altri vescovi italiani a partire, e scrisse a Trento che tenessero il decreto fermo e lo eseguissero senza rallentar un punto.

Ma in Francia, avendo per piú mesi la regina di Navarra, il prencipe di Condé e l’ammiraglio e la duchessa di Ferrara fatto instanza che si concedessero a quelli della nova religione luochi da congregarsi alle prediche e cerimonie loro, e tutti questi e altri ancora delii grandi facendo professione, eziandio nella corte istessa, di quella dottrina, gli altri riformati di minor grado, preso perciò ardire, separatamente si congregavano. Il che non potendo sopportar il populo cattolico, in molti luochi del regno furono eccitati moti popolari pericolosissimi, con uccisioni ancora dall’una e l’altra parte, quali anco erano fomentati dalli grandi cattolici, che per interesse di ambizione non potevano sopportare che li principi e capi ugonotti, acquistando seguito popolare, fossero per avanzarli; e davano fomento alle sedizioni. Furono due i tumulti causati dalle prediche, uno in Digion e l’altro in Parigi, notabilissimi non solo per l’uccisione de molti, ma anco per la rebellione a’ magistrati, che fece risolvere il conseglio regio di pigliarci rimedio. Il quale acciò fosse appropriato a tutto il regno, furono chiamati da tutti li parlamenti li presidenti e un numero de conseglieri eletti per deliberare con maturitá quello che si potesse fare. E a’ 17 gennaro fu redotto in San Germano, dove congregati tutti, espose il cancellier per nome regio che erano chiamati per consultar delli remedi alli moti eccitati nel regno. Fece una recapitulazione di tutte le cose occorse, soggiungendo che quanto alle controversie della religione si doveva lasciarne la cognizione alli prelati, ma dove si tratta della tranquillitá del regno e di contener li sudditi nell’ossequio del re, ciò non poter pertenere agli ecclesiastici, ma alli regi consultori; che aveva sempre lodato