Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/358

Da Wikisource.


CAPITOLO III

(7 - ao aprile 1562).

[In congregazione si esaminano i primi quattro articoli di riforma. — Si riaccende lunga e vivace la disputa sulla residenza de iure divino. — Esame degli articoli sulle ordinazioni a titolo di patrimonio, sulle ordinazioni e collazioni di benefici verso compenso, sulle prebende e distribuzioni dei redditi nelle chiese cattedrali o collegiate. — Tentativi per fissare il decreto ostacolati dalla questione del de iure divino: disparere fra gli stessi legati. — Si rimette alla congregazione generale se devasi o no procedere alla dichiarazione. La votazione tumultuosa ed incerta minaccia una grave crisi del concilio.]

Nelle congregazioni, che dalli 7 sino alli 18 furono assiduamente tenute, fu dalli padri detto sopra li primi quattro articoli, ma molto diffusamente sopra il primo della residenza. Di quelli che nel primo concilio intervennero, quando un’altra volta se ne trattò con qualche differenza, anzi controversia, non si ritrovarono se non cinque vescovi in questo, e nondimeno alla prima proposta si divisero immediate in parti, come se tra loro la contenzione fosse stata antica: cosa che in nessun’altra questione accadette, né allora, né sotto Giulio, né al presente. La causa di ciò alcuni ascrivono perché le altre trattazioni, come teologiche, erano poco intese, e speculativamente dagl’intendenti trattate senza che affetto intervenisse, se non di odio contr’a’ protestanti, quali col mettere a campo quelle materie erano causa di travaglio; ma questa alle proprie persone delli prelati toccava. Nelli cortegiani prevaleva o l’ambizione o l’obbligo a seguir l’opinione alli padroni comoda. Gli altri erano mossi assai dall’invidia, ché non avendo arte di alzarsi dove quelli pervenivano o aspiravano, non potendo uguagliarsi elevandosi essi, volevano tirargli