Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
364 | l'istoria del concilio di trento |
fonzioni; nessuna causa esserci perché si debbi proibire il dar
spontaneamente e il ricevere in quelle, che in tutte queste: e
quello che si allega, che essendo limosina si faccia in altri
tempi, corre anco in tutte le altre funzioni suddette. La Chiesa
da antichissimo tempo aver costumato di ricever oblazioni e
limosina con queste occasioni; le quali se si leveranno, in
consequenza li poveri religiosi, che di quelle vivono, saranno
costretti ad altro attendere: li ricchi non vorranno far gli offici,
come chiaro appare ed è apparso da cinquecento anni in qua,
onde l’esercizio della religione si perderá; e restando il populo
senza quella, converrá che dia in una empietá o in diverse
perniciose superstizioni. E (non uscendo del proprio spettante
alle ordinazioni) se senza riprensione, per li pallii che la sede
apostolica dá alli metropolitani, sono conferiti migliara de
scudi, come si potrá riprendere una picciola recognizione che
il vescovo riceva dalli ordini inferiori? Qual ragione vorrá che
siano con diverse, anzi contrarie leggi regolate le cose dell’istesso genere? Non si può chiamar abuso quello che nell’origine è instituito. Resta ancora nel pontificale che all’offertorio
nelle ordinazioni viene dagli ordinati presentato al vescovo
ordinatore li cerei, che pur sono cose temporali, e con la
grandezza e ornamenti si possono far di gran prezio: non
esser dunque cosa cosí cattiva come viene dipinta, né meritare
che con infamia delli miseri vescovi si vogli acquistare laude
di riformatori, imitando li farisei nel l’osservare le festuche
e colare li musciolini. Dissero anco alcuni che l’articolo non
si poteva statuire, come contrario al decreto d’Innocenzo III
nel concilio generale [lateranense], dove non solo fu approbato
l’uso di dar e ricevere cosa temporale nel ministerio dei sacramenti, ma fu comandato alli vescovi che constringessero il populo con censure e pene ecclesiastiche ad osservare la consuetudine, dando questo titolo di lodevoli a quelle che si trattava
ora di condannare come sacrileghe.
Ma Dionisio, vescovo di Milopotamo, fece longa digressione in mostrare quanta sarebbe l’edificazione che li fedeli riceverebbono, quando dagli ecclesiastici fossero ministrati li sacra-