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436 l'istoria del concilio di trento


tanta importanza. E fecero cosí grand’instanza, massime Salmerone che col varmiense trattava, che, finita la lezione del decreto, questo prima, e Madruccio seguendolo, fecero la proposizione. La quale a molti piacque, ma dalla maggior parte fu ripudiata, non per lei in sé, ma per il modo di proporla alla sprovvista, senza dar tempo di pensare. Per la stessa causa non piacque agli altri legati; ma per decoro del luoco, senza maggior moto dissero che s’averebbe riservato alla seguente sessione, nella trattazione delli due articoli rimanenti.

Furono dopo letti li nove capi di riforma:

I. Che per la collazione degli ordini, dimissorie, testimoniali, sigillo o altro il vescovo o suoi ministri non possino ricever cosa alcuna, ancorché spontaneamente offerta: li notari, dove è consuetudine di non ricever e dove non hanno salario, possino ricever un decimo di scudo.

II. Che nessun chierico secolare, se ben idoneo, sia promosso ad ordine sacro, se non ha beneficio, patrimonio o pensione sufficiente per vivere; e il beneficio non possi esser rinonciato, né la pensione estinta, né il patrimonio alienato senza licenza del vescovo.

III. Che nelle cattedrali e collegiate, dove distribuzioni non vi sono, o sono tenui, possi il vescovo convertir in quelle la terza parte dei frutti delle prebende.

IV. Che nelle parrocchiali di numeroso populo li vescovi constringano li rettori a pigliar aiuto d’altri sacerdoti; e quelle che sono grandi di spazio, siano divise, e provvisto alli rettori novi, se fará bisogno, anco constringendo il populo a contribuire.

V. Che li vescovi possino unir perpetuamente li benefici curati e non curati, per povertá e altre cause giuridiche.

VI. Che alli parrochi imperiti li vescovi diano coadiutori e castighino li scandalosi.

VII. Che li vescovi possino ridur li benefici delle chiese vecchie e ruinose ad altre, e far restorar le parrocchiali, costringendo anco il populo alla fabbrica.

VIII. Che possino visitar tutti li benefici che sono in commenda.