Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/493

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libro sesto - capitolo x 487


comune delli cardinali e di tutta la corte, che era in speranza e intenso desiderio di doverlo veder finito e dissoluto per tutto decembre), avendo nondimeno risposto, per non manifestar li suoi timori, che a lui niente importava, ma tutto doveva dependere dalla libertá dei padri (li quali non era maraviglia se aborrivano la dilazione, risguardando la longa e incomoda dimora), alli travagli de’ quali era giusto portar rispetto, e che egli non poteva né doveva costringerli o ver imporgli legge contra l’uso accostumato; che averebbe scritto alli legati l’instanzia fattagli e dichiaratosi quanto a sé di contentarsi della dilazione; che questo tanto si doveva da lui richiedere, e doveva sodisfare il re; in questa sostanza scrisse, aggiongendo che usassero quella permissione, come paresse piú ragionevole ai padri. La qual lettera, aggiorto l’esser li decreti mal in ordine, e quel che fu scritto dal Delfino, noncio appresso l’imperatore, e l’instanza degl’imperiali che non si pubblicasse il decreto della messa, fece inclinar parte delli legati a differire. Ma Simonetta, che intese la mente del papa piú come era nel capo di quello che come nella lettera espressa, tenne tanto fermo che si risolvè il contrario; e a Roma avvisò quanto fosse pericoloso metter in dubbio li ordini assoluti giá dati di venir all’espedizione, con li condizionati per dar sodisfazione di parole, prestando fomento alli mal intenzionati di attraversar le buone risoluzioni, e mettendo sopra di loro carica che li rendeva odiosi, li faceva perder la riputazione e rimaner inetti a far servizio di Sua Santitá. Fu anco Simonetta favorito dal buon evento, perché, non essendovi opposizione di momento, fu stabilito il capitolo degli abusi della messa con li undici della riforma, e il decreto della comunione ebbe minor difficoltá che non si credette. Alla prima proposta non passò, perché diceva che il papa, eziandio per voto e approbazione del concilio, facesse quello che giudicherá utile; e questo fu impugnato insieme da quelli che tenevano la negativa e da quelli della remissiva: cosa che indusse li legati a risoluzione di tralasciar a fatto quella materia. E cosí deliberato, ne fecero scusa con gli imperiali, poiché né dal pontefice né da loro