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libro sesto - capitolo x |
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comune delli cardinali e di tutta la corte, che era in speranza
e intenso desiderio di doverlo veder finito e dissoluto per tutto
decembre), avendo nondimeno risposto, per non manifestar li
suoi timori, che a lui niente importava, ma tutto doveva dependere dalla libertá dei padri (li quali non era maraviglia
se aborrivano la dilazione, risguardando la longa e incomoda
dimora), alli travagli de’ quali era giusto portar rispetto, e che
egli non poteva né doveva costringerli o ver imporgli legge
contra l’uso accostumato; che averebbe scritto alli legati l’instanzia fattagli e dichiaratosi quanto a sé di contentarsi della
dilazione; che questo tanto si doveva da lui richiedere, e doveva sodisfare il re; in questa sostanza scrisse, aggiongendo
che usassero quella permissione, come paresse piú ragionevole
ai padri. La qual lettera, aggiorto l’esser li decreti mal in
ordine, e quel che fu scritto dal Delfino, noncio appresso l’imperatore, e l’instanza degl’imperiali che non si pubblicasse
il decreto della messa, fece inclinar parte delli legati a differire. Ma Simonetta, che intese la mente del papa piú come
era nel capo di quello che come nella lettera espressa, tenne
tanto fermo che si risolvè il contrario; e a Roma avvisò quanto
fosse pericoloso metter in dubbio li ordini assoluti giá dati di
venir all’espedizione, con li condizionati per dar sodisfazione
di parole, prestando fomento alli mal intenzionati di attraversar
le buone risoluzioni, e mettendo sopra di loro carica che li
rendeva odiosi, li faceva perder la riputazione e rimaner inetti
a far servizio di Sua Santitá. Fu anco Simonetta favorito dal
buon evento, perché, non essendovi opposizione di momento,
fu stabilito il capitolo degli abusi della messa con li undici
della riforma, e il decreto della comunione ebbe minor difficoltá che non si credette. Alla prima proposta non passò,
perché diceva che il papa, eziandio per voto e approbazione del
concilio, facesse quello che giudicherá utile; e questo fu impugnato insieme da quelli che tenevano la negativa e da
quelli della remissiva: cosa che indusse li legati a risoluzione
di tralasciar a fatto quella materia. E cosí deliberato, ne fecero
scusa con gli imperiali, poiché né dal pontefice né da loro