Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. III, 1935 – BEIC 1917972.djvu/189

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libro settimo - capitolo xi


d’andar a Bologna per non dispiacer alli principi, quali potriano dubitare che, quando fosse lá, Sua Santitá volesse governar le cose a modo suo e terminar il concilio come gli piacesse, senza far la riforma. Narrò d’aver avuto avviso dell’instanzia fatta da don Luigi d’Avila a nome del re cattolico, mostrando piacer di quell’avviso; ed estendendosi alli particolari, aggionse esser necessario che si facesse dall’alfa sino all’omega, e che saria bene che si levassero di concilio fino a cinquanta vescovi, che si oppongono sempre a tutte le buone risoluzioni. Disse ancora che per il passato egli pensava esser piú abusi in Francia che in altri luochi; ma aver conosciuto, doppoi che era in Italia, esserci da far assai. Perciocché si vedono le chiese in mano de cardinali, che non avendo altra mira se non di tirar le entrate, le lasciano abbandonate, dando la cura ad un povero prete; donde nascono ruine delle chiese, simonie e altri infiniti disordeni; al rimedio de’ quali li principi e loro ministri erano andati ritenuti, sperando che pur una volta si facesse la desiderata riforma. Che esso ancora era proceduto con rispetto; ma vedendo oramai esser tempo di operar liberamente per servizio di Dio, non voleva aggravar piú la sua conscienzia, ma nel primo voto che dicesse era risoluto di parlar di questo. Che la casa sua per la conservazione della religione e servizio di Dio aveva tanto patito, quanto ognun sa, con la perdita di due fratelli; che egli era per perdersi nella medesima opera, se ben non come loro nelle arme; che Sua Santitá non doveva dar orecchie a chi cercava di rimoverla dalla sua santa intenzione, ma risolversi d’acquistar questo merito appresso Dio con levar gli abusi della Chiesa. Disse ancora che, venendo li nuovi legati ben informati della mente del pontefice, di qui si conoscerá l’animo suo intorno la riforma; ed essi non averanno piú scusa di ritardarla. E con tutto che il vescovo piú volte lo volesse rimettere in parlar dell’andata a Bologna, voltò sempre il ragionamento altrove.

Del tutto il Vintimiglia avvisò a Roma, dandone anco il suo giudicio sopra: che quantonque il cardinale altre volte