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302 l'istoria del concilio tridentino


mentali passò a dire che erano fraudi e puri latrocini; e che in fine meglio era lasciar al pontefice l’intiera collazione di tutti i benefici, che usar artifici cosí indegni come era il voler dar virtú ad un pensiero non conferito, non pubblicato, e lasciando anco suspizione che potesse esser non capito nell’animo, ma inventato dopo il fatto. Ma il Cardinal Simonetta li attraversò il ragionamento, con dire che il riprender gli abusi, quando la provvisione non è ancora deliberata, è cosa ragionevole a fine di procurarla; ma vedendosi comune disposizione al rimedio, e giá formato il decreto, bastava stabilirlo coll’assentirvi, e non moltiplicar per ambizione in parole di reprensione dove non fa bisogno.

Il dí 11 settembre ricevettero li ambasciatori francesi littere del re delli 28 agosto, nelle quali significava aver ricevuto gli articoli comunicati a loro dalli legati, e veder le cose molto lontane dalla speranza concepita, poiché lo stabilir quelli era un tagliar le unghie alli re e crescer le ecclesiastiche. Il che non volendo egli sopportare, li comandava di rappresentar ai padri con prudenzia, desteritá e vivacitá che, sí come ogni principe, camminando il concilio come doverebbe, è in obbligo di favorirlo con ogni zelo e fervore, cosí l’occultar la piaga che causa li mali presenti, e farne una piú grande con pregiudicio dei re, è molto lontano da quello che si aspettava. Che egli veduto aveva come leggermente passano nel reformar le persone ecclesiastiche, che hanno causato li scandali a quelli che si sono separati dalla chiesa romana, e come si assumano autoritá di levar le ragioni e prerogative alli re, cassar le ordinazioni reali, le consuetudini prescritte e immemorabili, anatematizzar ed escomunicar li re e principi: tutte cose che tendono a seminar disubidienza, sedizione e rebellione dei sudditi verso li principi loro, essendo chiaro a tutto ’l mondo che la potestá dei padri e del concilio non si estende se non alla reformazione dell’ordine clericale, senza toccar cose di stato, potestá e giurisdizion secolare, che è in tutto distinta dall’ecclesiastica; e che sempre, quando li padri e concili s’hanno assonto di trattar tal cose, li re e principi