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318 l'istoria del concilio tridentino


sentissero male della fede: di che tra gli ambasciatori e loro nacquero gran dispareri. Li ambasciatori il dí seguente diedero conto al re delle cause perché avevano differito sino allora, e perché in quel tempo erano stati costretti a passar alla protesta, soggiongendo che averebbono differito a farla registrar negli atti del concilio, sin tanto che da Sua Maestá fosse veduta, e comandato loro qual fosse la sua intenzione.

Li legati, non avendo copia dell’orazione, ne fecero far una raccolta dalla memoria di quelli che erano stati piú attenti, per mandarla al pontefice. Del qual sommario avendone avuto Ferrier copia, si lamentava che molte cose fossero state espresse contra la sua intenzione; e in particolare che dove egli aveva nominato le «leggi ecclesiastiche», era stato reposto «leggi spirituali»; e che diceva che li re possono prender li beni della Chiesa a beneplacito, dove egli aveva detto solo per causa necessaria. Per questo egli si vide costretto di dar fuori l’orazione, e ne mandò una copia a Roma al Cardinal di Lorena, scusandosi se non aveva usato parole di tanta acrimonia come li era comandato nelle sue ultime instruzioni, e nelle prime, che sono reconfirmate in quelle; aggiongendo anco che non poteva tralasciar di obedir al re, né meno sottogiacer alle reprensioni che gli averebbe convenuto sofferire dalli consiglieri di parlamento, quando in un concilio generale in sua presenzia si fossero determinate cose di tanta importanzia contra quello che dai parlamenti è stato sostenuto con tanta accuratezza: senza che, essendo l’autoritá regia, che egli defendeva, sostenuta continuamente per quattrocento anni dal regno di Francia contra la guerra fattagli dalla corte di Roma, non era giusto che li padri del concilio, la maggior parte cortigiani romani, dovessero esser giudici delle vecchie differenzie che il regno ha con quella corte. Diede anco copia dell’orazione agli ambasciatori e a qualonque ne dimandava, della quale gli altri dicevano che altramente la prononciò di quello che poi ha messo in scritto. A che egli replicava che non sarebbe detto cosí da chi avesse mediocre intelligenzia di latino; e con tutto che fosse la medesima la prononciata e