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366 | l'istoria del concilio tridentino |
mandarono a comunicar l’avviso avuto e la loro resoluzione
alli ambasciatori, e negoziarono con li prelati principali. Tutti
assentirono, eccetto l’ambasciator spagnolo, qual disse aver
ordine dal suo re che, vacando la sede, non lasciasse far papa
in concilio, ma l’elezione fosse de’ cardinali; e però non faceva
bisogno precipitare. Ma il Cardinal Morone per il contrario disse che
sapeva certo l’ambasciator di Francia, che
era ancora in Venezia, aver commissione di protestare che
quel regno non obedirebbe ad altro papa che all’eletto per il
concilio; onde bisognava onninamente finirlo per fuggir ogni
pericolo. Il conte di Luna fece una congregazione dei prelati
spagnoli in casa sua, e diede fama di aver resoluto di protestare e opponersi.
Con tutto ciò la mattina seguente li legati fecero la congregazione, nella quale furono letti li decreti del purgatorio e dei santi, come erano stati formati dal Cardinal varmiense e altri deputati; dopo, letta la reforma dei frati: il tutto approvato con grandissima brevitá de voti e con pochissima contradizione. Poi, letti li capi di riforma, nel primo, che delli costumi de’ vescovi tratta, al passo dove si dice: «che delle entrate della Chiesa non arricchiscano li parenti o familiari», si diceva: «che delle entrate della Chiesa, de quali essi sono constituiti fedeli dispensatori per li poveri». Al qual ponto il vescovo di Sulmona si oppose, con dire che, essendo divise per antichi canoni le porzioni dei poveri, della fabbrica e della mensa episcopale, non era da dire che i vescovi e altri beneficiati fossero «dispensatori», ma che come di parte loro propria erano patroni. Non che, spendendola male, non incorressero peccato e indignazione divina, sí come anco ogn’altra persona che spende male il suo proprio; ma se fossero dispensatori per i poveri, sarebbono ubbligati alla restituzione, cosa che non s’ha da dire. Vi furono discorsi assai, tenendo la maggior parte che li beneficiati fossero patroni dei frutti, o vero usufruttuari; altri dicevano, come giá l’ambasciator francese nell’orazione, che sono usuari. Alcuni defendevano le parole del decreto, che erano dispensatori, allegando il luoco