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386 l'istoria del concilio tridentino


e s’aspettava; e subito si metterá a campo un’altra provvisione o per mezzo dei concili nazionali o per un altro generale: ed ecco le medesime angustie, da quali con tanta difficoltá s’è liberata la Chiesa di Dio. Ma approvando li decreti del concilio come una perfetta riforma, e dandoli riputazione ed esecuzione in quello che sará possibile, una gran parte resterá persuasa che niente vi manchi; e non esser cosa piú utile per li tempi correnti che sparger fama e nutrirla che il concilio abbia fatto una santa, necessaria e perfetta riforma, non lasciando sapere che da cardinale alcuno vi sia stato posto dubbio che in quel concilio non s’abbia eseguito quello per che fu convocato. Che cosí facendo, l’umore del mondo a poco a poco si acquieterá, e con le dispense potrá la Santitá sua provvedere alli suoi ministri e servitori senza violazione delli decreti del concilio poiché in quei medesimi è riservata l’autoritá apostolica. Li quali li serviranno per scudo a negare le dimande importune di quelli che non giudicará meritevoli di grazie; e col tempo pian piano le cose, insensibilmente e senza che il mondo se n’accorga, torneranno nell’istesso stato. Che altre volte anco per questa via s’è cantinato, quando la necessitá ha constretto cedere a questi umori, soliti nascere nelli sudditi contra quei che li governano. Che quando altri facesse opposizione a quei decreti, per riputazione di tante sue creature, delli suoi legati e di Sua Santitá medesima conveniva che egli li sostenesse; non che, tacendo tutti, essa medesima debbia giugularli totalmente, poiché ogni minima moderazione, emendazione o vero anco dilazione a confermarli è un colpo mortale a tutti: oltre che il volgo, qual sempre intende le cose in sinistro, altro non saprá dire se non che la corte di Roma e il pontefice non vuole riforma.

Gli ufficiali di corte quasi tutti parlarono in contrario, rappresentando li danni e pregiudici loro, e mostrando come tutto ritornerebbe in lesione della Santitá sua e della sede apostolica, e in diminuzione delle entrate di quella. Solo Ugo Boncompagno vescovo di Bestice, che fu poi cardinale, persona versata molto nelli negozi della corte, disse che non poteva