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62 | l'istoria del concilio tridentino |
divino, aggiongendo che se non si facesse, si mancherebbe di
quello che è giusto e necessario in questi tempi per dilucidazione della veritá cattolica, e protestando di non intervenir
piú né in congregazione né in sessione. Il che udito [da] molti
prelati italiani, concertati insieme in casa del Cardinal Simonetta, nella camera di Giulio Simonetta vescovo di Pesaro, la
mattina seguente si presentarono alli legati tre patriarchi, sei
arcivescovi e undici vescovi, con richiesta che nel canone non
fosse posto la superioritá esser de iure divino, essendo cosa
ambiziosa e indecente che essi medesimi facessero sentenzia
in propria causa, e perché la maggior parte non la volevano;
e che l’instituzione non fosse dechiarata de iure divino, per
non dar occasione di parlare della potestá del pontefice, la
qual volevano e dovevano confirmare. Il che pubblicato per
Trento, diede materia di parlare che li medesimi legati avessero procurata questa instanza. Onde dopo il vespero se ne
ridusse maggior numero in sacristia a favore dell’opinione spagnola, e altri in casa del vescovo di Modena per la medesima;
e con l’arcivescovo d’Otranto e con quelli di Taranto e di
Rossano e col vescovo di Parma si fecero quattro altre reduzioni de’ pontifici. E il tumulto passò tanto inanzi, che li legati
ebbero dubbio di qualche scandalo; e giudicarono necessario
non pensare a poter far la sessione al tempo disegnato, ma,
inanzi che venir alla risoluzione di quell’articolo che era causa
di tanto moto, far parlar sopra li capi della dottrina e proponer
qualche cosa di riforma, lamentandosi spesso Simonetta che era
poco aiutato da Mantoa e da Seripando, che, se ben facevano
qualche opera, non potevano però a fatto occultar il loro intrinseco, che inclinava agli avversari.
Vennero lettere credenziali del marchese di Pescara alli principali prelati spagnoli, con commissione al suo secretarlo di far gagliardi uffici con loro, avvertendoli di non toccar cosa di pregiudicio della santa sede, con accertarli che il re ne sentirebbe gran dispiacere e ne seguirebbono eziandio pregiudici grandi alli suoi regni; e che non si poteva aspettar dalla prudenzia loro che facessero risoluzione in alcun particolare,