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64 l'istoria del concilio tridentino


del parlar intempestivo, non essendo proposta, ma risposta. Quando in alcuna cosa abbiano commesso errore, esser pronti a correggerlo secondo il comandamento di Sua Maestá; ma aver parlato secondo la dottrina cattolica in termini tanto chiari che sono certi tutto dover essere approbato da lei, supplicandola degnarsi di ascoltarli prima che far di loro alcun sinistro concetto.

Non s’ingannavano quei prelati, credendo che procedesse piú dalli ministri che dal re; imperocché il Cardinal Simonetta fece ufficio in questo tempo medesimo con un altro spagnolo, secretarlo del conte di Luna, persuadendolo che, dovendo esso conte intervenir al concilio, era necessario che vi andasse preparato a tener quei prelati in officio, altrimenti ne seguirebbe non solo pregiudicio alla Chiesa di Dio, ma anco alli regni di Sua Maestá, essendo il principal loro intento di assumersi ogni autoritá e aver nelle loro chiese libera amministrazione; e persuase anco il secretario del Pescara di andar incontra al Luna, e informarlo delli disegni e audacia delli prelati medesmi, e persuaderlo che il reprimerli fosse servizio del re. E il Cardinal varmiense scrisse una longa lettera al padre Canisio alla corte cesarea in conformitá, acciò facesse l’istesso ufficio col medesimo conte.

Data fuori la dottrina tratta dalli pareri detti nelle congregazioni d’innanzi, di novo si cominciarono a dir li voti sopra di quella il 3 del mese di novembre; ma inanzi il Cardinal Simonetta ammoní li suoi a parlar riservatamente e non scorrere in parole irritative, poiché quel tempo ricercava piú tosto che gli animi si addolcissero. Ma avendosi per tre giorni parlato di quella, e per la connessione delle materie ritornandosi spesso nella controversia, pensarono li legati esser necessario proponer anco alcuna cosa di riforma; massime perché, avvicinandosi li francesi, il vescovo di Parigi andava pubblicamente dicendo che sarebbe tempo di darli principio, con satisfazione della francese e delle altre nazioni, deputando prelati di ciascuna che avessero a considerar li bisogni di quei paesi, non potendo gl’italiani né in Trento né in Roma saperli;