Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/121

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lettere di fra paolo sarpi. 61

vranità; per il che le cose non si veggono accomodate. Stupisco che in un tanto moto i Gesuiti non si nominino. È egli possibile che tanto negozio possa procedere senza loro? In Venezia io veggo che sempre tardano più; sicchè mi vado quasi certificando di non doverli vedere mai più in questo Stato: e se per buona ventura occorresse loro alcuna cosa sinistra in Germania, ci libererebbono da ogni pensiero, perchè avrebbono assai che fare colà, nè resterebbe loro spazio a che pensare per qui. Non voglio restare di narrarle, per darle sollazzo, una bella storia.

Un gentiluomo, nostro amico, ha fatta qua comparire innanzi a certi devoti de’ Gesuiti una donna vedova, e fattole dar lettere direttive al padre preposito di Ferrara, e ricever risposte. Essa per due mesi ha tenuto questo commercio di lettere, sempre in materia toccante la coscienza. Prima, gli spiegò gli scrupoli che sentiva per non avere osservato l’interdetto; della qual cosa il confessore suo diceva non volerla assolvere. E qui il Gesuita ha risposto, che bisogna che il confessore fosse un luterano, e ch’ella dovesse onninamente mutar confessore. E le nominò diversi in diverse chiese (ed ecco le intelligenze che conservano); poi, passando innanzi, scrisse la donna che aveva mutato confessore e che ’l nuovo, tutt’al contrario, le aveva detto ch’era stato gravissimo peccato e quasi eresia l’essere andata a messa nel tempo dell’interdetto, e peggio che se avesse bestemmiato e rubato; e che al papa stava fare che quel che non è peccato sia peccato, e quello che è non sia; ch’è tanto a dire che ’l papa possa fallare, quanto possa fallar Cristo. Di queste