Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/136

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76 lettere di fra paolo sarpi.


Già, innanzi che le occorrenze del mondo m’invitassero a pensar come a cose serie, e non come a passatempi, alle considerazioni in quali V. S. mi ha veduto essere, io aveva tutti i miei gusti nelle naturali e matematiche; e particolarmente mi son assai trattenuto nelle cose del Vieta. Il quale, tra le altre sue bellissime considerazioni, ha scritto una De cognitione æquationum, che non è stampata: mi venne in mano per mezzo del Ghetaldi suddetto, e mi diede occasione di esercitarmi allora; sì che in quel soggetto mi pare aver trovato qualche cosa. Al presente tutto resta sopito, sì per essere io voltato ad altri pensieri, che come operabili più muovono; come per non aver più la compagnia del Ghetaldi, che mi teneva svegliato.1

Già è deciso, che la relazione si fa. Adesso la riveggo per farla copiare, e scriverò al signor ambasciatore; sì che V. S. averà quello che li piacerà.

In quello che tocca le cose pubbliche del mondo, veggo gran turbazioni; le quali però, per bontà divina, terminano tutte in quiete. Abbiamo veduto (bisogna confessarlo) composte così importanti controversie, come quelle che in altri tempi hanno commosso tutto l’universo. L’ultima spettante all’imperatore, mi rende attonito, se non trae seco conseguenza simile alle barricate.

Questa Repubblica non solo spende e si consuma per l’armare ogni anno, ma riceve un altro danno, e forse maggiore, per li corsari di Sicilia e d’altrove, che sono a bello studio ritrovati per l’ef-


  1. Sono da leggersi, a tal proposito, le Memorie aneddote del Ghiselini, pag. 25-28.