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lettere di fra paolo sarpi. 283

LXXXVI. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Vengono di costì portate le lettere con tanta varietà di tempi, che non è maraviglia che dopo qualche giorno io non possa riconoscere se alcuna particolare mi sia capitata: per il che è facil cosa che io prendessi errore quando scrissi a V.S. che quella de’ 17 maggio fosse perduta. Per questo corriere ricevo insieme quella delli 14 giugno, con un’altra degli 8 luglio.

La fabbrica della Chiesa di Dio, se ben formata da così grande artefice, ha avuto sempre ed avrà delle imperfezioni per difetto della materia. Purchè il fondamento stia, bisogna sopportar gli altri mancamenti e passarli per umani. Questo fa che io non mi maraviglio tanto per l’inconveniente passato nell’ultima congregazione; ne quello mi può far pregiudicare che ogni cosa sia stata fatta male: anzi, presupponendo che ogni azione umana manchi di perfezione, veduto quel difetto, presuppongo che il rimanente sia passato bene. A chi vorrebbe ogni cosa perfetta, bisogna raccordare il detto dell’Evangelio; cioè, come si adempiranno le Scritture.

Intorno il libro del re d’Inghilterra, quella maestà ne ha mandato un esemplare latino alla Repubblica, con una sua lettera, che sono stati ricevuti con quella gratitudine che merita la scambievole amicizia; se bene sieno stati fatti uffici molto gagliardi per il contrario, quali in altro tempo avrebbono fatto spavento, ma in questo non possono. Il


  1. Dalla raccolta di Ginevra ec., pag. 180.