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lettere di fra paolo sarpi. 339

CV. — A Francesco Priuli.1


Io non vorrei che V.E. si reputasse obbligata a rispondermi per ogni dispaccio; e perciò, in angustia di tempo ovvero di occupazione maggiore, prendesse incomodo. Siccome le lettere sue mi favoriscono infinitamente, così riceverò l’istesso favore quando per impedimento intermetterà lo scrivere. Il che sia detto per sempre.

Da Roma per questo corriere non vien cosa di momento: in fatti si vede che il pontefice conosce in che modo si debba trattar con la Repubblica. Solo s’attraversa (come nessuna cosa è sinceramente buona) che qualche persona facendosi autore di questa buona corrispondenza, pretende di pedantizzare e dar ordine di quello che si dovrebbe fare: cosa che non può essere sentita senza disgusto.

Oggi arriverà in questa città l’ambasciatore degli Stati; persona principale per essere creatura e congiuntissimo col principe Maurizio e genero del Bernefelt, qual è il signor di robba lunga negli Stati. È stato dato ordine che sia incontrato da’ senatori, e presentato ogni giorno. Alcuno ha sentito con qualche disgusto, che l’ambasciatore francese vada dicendo che il re vuole che sia onorato; quasi che l’offizio non sia spontaneo, e l’obbligo lo debba avere ad altri, e venga d’altrove ricevuto legge di quanto convenga fare.

Gli avvisi che vengono da Germania, mostrano che le cose di Cleves termineranno con poca ripu-


  1. Dalle Opere ec., pag. 131.