Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/115

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lettere di fra paolo sarpi. 107

risdizione: tuttochè non si ardisca soggiungere, come in tal caso venga rimesso alla volontà dei sudditi l’obbedire o non obbedire. Ora, in sì gran numero di scomuniche, e in ispecie di quelle che in sè porta la bolla In cœna Domini quale tra i principi troverà la S.V. che un prete o frate superstizioso non possa accalappiare nei lacci di quindici o venti anatèmi? Un padre Comitolo, gesuita, ammonì per iscritto la Repubblica di Venezia, com’ella fosse già incappata in trentasei capi diversi di scomunica !! Ora, se ai sudditi convenga star sotto o ribellarsi, checchè da tai maestri si voglia, dacchè non osan chiarirlo, sarà precario pur sempre l’impero dei regnanti. Il Mariana va giocolando colla rettorica; ma così non si formano le coscienze: anzi è soprattutto da guardarsi da questa gente, che sempre insegnano per conchiusioni, argomentazioni e soluzioni. I disputanti di tal sorta sono i più perniciosi di tutti.

Mi maraviglio di quel vescovo di Clermont, come sì poco pratico del vecchio giure ecclesiastico. E perchè mai l’eresie non sarebbero da condannarsi nel luogo stesso dov’esse nascono e si vanno dilatando? Forsechè i morbi indigeni non ben si curano se non per medicine forestiere? La petizione che il Consiglio regio ha presentato al papa acciocchè approvi il decreto della facoltà teologica, non tornerà gradevole nè verrà esaudita. Si oppone, in primo luogo, il ricordare che vi si fa il Concilio di Costanza; che non sappiamo ancora, tra gli altri arcani, se Roma approvi o trovi da censurare. Ostano insieme più altre cose, colle quali ben sa la curia che vorrebbesi scandagliare il fondo delle sue pretensioni. Ne prognostico che non verrà negata nè concessa, ma a forza di