Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/386

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378 lettere di fra paolo sarpi.

mettersi in campagna e marciare. Si dubita che sarà una gran tempesta sopra la Moldavia, Valachia e Transilvania; e Dio voglia che il rimanente di Ungaria, che resta a’ Cristiani, ne sia esente.

Non si sa ancora che preparazione faccia l’imperatore per opporsi. È ben comune opinione, che non li dispiaccia la guerra con Turchi, come un minor male per divertir la civile di Germania, più abominabile; e per farsi anco rispettare e temere più dai principi dell’imperio, se sarà armato: che mi pare appunto la medicina di quello che guarì la febbre con la morte. Piaccia alla Maestà divina che il tutto torni in sua gloria e salute delli suoi: la quale anco prego che doni a V.S. ogni prosperità presente e perpetua: con che in fine le bacio la mano.

Di Venezia, il dì 22 febbraio 1613.




CCXXXII. — Al medesimo.1


Essendo venuti tanti corrieri senza lettere di V.S., ho ascritto la causa a quel che più di tutto mi dispiace e che ora veggo esser vero, cioè all’infirmità sua. Dalli tratti della lettera veggo che la mano non è intieramente sana, e mi dispiace che l’abbia affaticata, essendo questo un differir l’intiera sanità. Finalmente è necessario cedere alle necessità naturali. Non credo che V.S. averà una ricaduta così grave, come mi scrive essere stata cotesta ultima: con tutto


    della nazionalità. E così la frase proverbiale, nel seguente paragrafo: “Guarir la febbre con la morte.„

  1. Stampata come sopra, pag. 545.