Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/460

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452 lettere di fra paolo sarpi.

fra Marco, le sue ultime parole dette a me, dopo aver con sommessa voce ed altissima devozione recitate sue brevi ed usitate preci ed avermi baciato ed esortato ad andare a riposare, furono queste: — Andate a riposare, ed io ritornerò a Dio, onde sono venuto; — e con queste sigillò la sua bocca nel silenzio eterno. E qual fosse il suo fervore nel servizio di Vostra Serenità, da questo la comprenda, che in tutta la infermità una sola parola gli è uscita di bocca non coerente alle altre, e questa è stata: — Andiamo a San Marco, chè ho un gran negozio da fare. — Così era intanto al servizio di Vostra Serenità, che anco quando il discorso non reggeva più la lingua, ella per abito contratto trascorreva in quello. Non debbo tacere anco l’ultima delle sue azioni, fatta con l’assistenza di tutti li priori, che, con affettuose orazioni e copiosissime lagrime e non finte, gli assistevano: che, dopo essere stato gran pezzo colle mani immobili, fatto uno sforzo, se le incrociò al petto, e fissando gli occhi in un Crocifisso che gli stava dirimpetto, fermò la bocca in atto ridente, e ribassati gli occhi, rese lo spirito a Dio.

Ho voluto dare questo breve e confuso conto a Vostra Serenità del fine del suo fedele e leale servo, con questi pochi particolari successi in presenza di tanti Padri, stimando mio debito il farlo; acciò, se Le piacesse ordinare alcuna cosa intorno al suo funerale, prima che farle alcun principio, sappiamo la sua mente, la quale prontamente eseguiremo. Grazie.


Essendosi la Serenità Vostra, con la sua solita pietà e munificenza, degnata aiutare con l’elemosina la nostra sacrestia affine che si facesse il funerale