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lettere di fra paolo sarpi. 87

menta della fede, ne vengon su fabbriche da mettersi alla prova del fuoco, e le più volte da lasciarle da questo consumare. Sarò, se vuole, bugiardo, se delle chiese de’ nostri secoli fu più casta e intemerata quella di Corinto, fondata, educata, chiamata santa dallo stesso Paolo. Dove i mortali dimorano, si troverà più facilmente da riprendere che da lodare: il perfetto è soltanto nelle nostre aspirazioni.

Due cose intanto si praticano, di cui non intendo abbastanza la ragione. L’una è, che si ha sempre ricorso ai Padri da quegli stessi che troppo ben sanno come taluni tra essi, gonfi del vento della rettorica, servirono bene spesso e soverchiamente alle pregiudicate opinioni del loro secolo, e volendo indurre i pagani alla fede, si sforzarono di dare ad intendere mediante gli antichi nomi cose al tutto diverse. Dal che procede che nessuno può facilmente cavare dalle loro parole il senso a quelle da essi attribuito, e invece il tira facilissimamente all’intento suo proprio. Lascio stare che in nessuna controversia scontrerai ben netto il parere di persona che alcunchè ne abbia scritto per occasione o materia che ne abbia avuto tra mano. Costoro i quali reputano che i monti, comecchè altissimi, tocchino il cielo, sono richiamati a far senno dall’italiano proverbio: «Più su sta mona luna.» La seconda cosa è in questo, che, a similitudine di Marta, ci diamo impaccio di troppe cose e delle più lievi, trascurando intanto quell’una ch’ è veramente necessaria. A che gli adornamenti della casa? a che badiamo ai particolari che il fuoco avrà un giorno in sua balía? Il solo fondamento è da porsi alla prova: che se