Pagina:Satire (Orazio).djvu/118

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E guardingo faravvi il corso rischio.
Anzi ben tosto a novi rischi e danni
Incontro andrete. O cento volte schiavo!
Qual fera rotti i lacci è mai si sciocca
110Che il piè rivolga alla prigione antica?
Adultero non son, voi mi direte.
Nè io son ladro affè, quando vo cauto
Trà i bei vasi d’argento e nulla tocco.
Della pena il pericolo si tolga,
115E di natura il reo talento allora
Salterà fuori, ogni ritegno infranto.
Voi padrone di me, voi che l’impero
Siete costretto a sostener di tante
Persone e cose? Nè tre volte e quattro
120Postavi in capo la pretoria verga
I vostri può discior miseri lacci.
Aggiungasi di più: Se chi ubbidisce
A un altro servo, com’è vostra usanza,
Subalterno si nomina o conservo,
125Non son io tal rispetto a voi, che impero
Su me tenete, ma servite ad altri
Miseramente che girar vi fanno
Come fantoccio movesi per suste.
Or. Chi dunque vive in libertà? Dav. L’uom saggio