Pagina:Satire (Orazio).djvu/16

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

18

Donne impudiche fur cagion di guerra,
Ma ignoti son que’ che di fere in guisa
145Cercando pasto alla lussuria ingorda
Spense la mano di rival più forte,
Come toro che sventra i men gagliardi.
Se a scorrer prendi d’ogni età gli annali,
Vedrai che incontro all’oprar fello e ingiusto
150Fur le leggi dagli uomini inventate;
Nè Natura scevrar dal torto il dritto
Può come il ben dal male, il pro dal danno.
Nè ragion mai ti proverà che fallo
Commetta ugual chi pochi fusti infranga
155Nell’altrui campo, e chi di notte involi
Con sacrilega man gli arredi a i numi.
Regola v’abbia che delitto e pena
Tra lor pareggi; nè flagello atroce
Solchi le spalle a chi di sferza è degno;
160Ch’io già non ho timor che tu alla frusta
Danni chi meritò maggior gastigo,
Poichè tu dì che l’assassinio e ’l furto
Son cose uguali, e di tagliar minacci
Con falce indifferente il poco e il molto,
165Qualor tu giunga a conseguire un regno.
Se chi è saggio tuttinsieme è ricco,