Pagina:Satire (Orazio).djvu/37

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Andavano a imparar, come le usure
105Convenga calcolar di mese in mese.
Ma coraggio si fe di seco a Roma
Trarmi in tenera età, perchè imparassi
Quell’arti, onde ciascun, sia Cavaliero
O Senator, brama i suoi figli instrutti.
110E affè se la mia vesta e i miei valletti
Infra la genta alcun veduto avesse,
Cotali spese avrìa credute il frutto
D’antico patrimonio. In ogni scuola
Fido custode ei m’era sempre al fianco.
115Ei di più verecondo (il fregio è questo
Della virtù primiero) e da ogni taccia,
Non che dagli atti rei serbommi intatto.
Nè paventò che alcun tai spese a biasmo
Gli attribuisse, ov’io dovessi un giorno
120A picciol prezzo esercitar, com’esso,
Di banditore o d’esattor l’ufficio;
Nè anch’io di ciò pur mosso avrei lamento.
Perciò tanto maggiore a sì buon padre
Da me si dee riconoscenza e loda.
125Nè di tal padre sarò mai scontento
Finchè avrò senno; nè dirò mai quello
Che una gran turba dice in sua difesa: