Pagina:Satire (Orazio).djvu/84

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Che giudichi altramente, io gli permetto
285Che senza tema il suo parer m’esponga.
― Sommo regnante, se a te il ciel consenta
Di ricondur dall’espugnata Troja
In salvo le tue navi, a me concesso
Dunque è parlarti e replicar pur anco?
290― Parla ― Per qual cagione Ajace, eroe
Dopo Achille il maggiore, a cui son tanti
Greci di lor salvezza debitori,
Insepolto marcisce, onde s’allegri
Priamo e la sua gente al veder privo
295Di sepoltura quel che tanta escluse
Gioventù frigia dal paterno avello.
― Ei diè morte impazzito a una gran mandra
Di pecore gridando che uccidea
Me con l’inclito Ulisse e Menelao?
300― E tu quando inuman la dolce figlia
In Aulide locasti innanti all’ara,
In vece d’immolare una vitella,
E farro, e sale in capo a lei spargesti,
Eri forse in buon senno? ― A che proposto?
305― Ajace insano, quando a terra stese
Quella greggia, che fe? Molte bestemmie
Contra gli Atridi profferì, ma nullo