Pagina:Scali. Viaggi di solo ritorno.pdf/3

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Posti al limite dell’ospitale, costosi, meno umani e allettanti. Ho indugiato sulle porte con i portachiavi appesi, i mobili vuoti, la carta da lettere, qualche bruciatura di sigaretta sul tavolo. Il letto sa di lavanderia e il bagno profuma di pulito, di chimico mughetto, i lampadari emettono una luce giallastra che tutte le volte, mi sembra di essere più stanco di quello che sono. Spesso i muri esprimono zanzare colpite dal sonno e un rivestimento in legno mi ha saputo dare il giusto conforto del livore. Di solito le sedie hanno una collocazione forzata, stanno sempre nei punti cardinale per appoggiare gli abiti, quelli sbagliati. Ho la sensazione del provvisorio definito come il non aver pace nel silenzio della piccola stanza. La luce s’infila sotto la porta e descrive lo stesso trapezio sul pavimento dove si affollano le ombre della notte. Bianco o giallo. Al momento non ho memoria dei rumori dei vicini di camera, confesso che a volte mi sarebbe piaciuto sentire voci estranee parlare d’amore, ma lo “scalo” si sa è “merci” e gli altri sono come me, soli da lavoro. Sul portiere si può scrivere tutto ciò che non si vuole, spesso si mostra gentile, credo lo sia veramente, ho l’incertezza di credere che il suo cassetto sia colmo di versi romantici. Può avere i baffi, comunista da sempre, può avere amici pittori che lo vanno a trovare anche di giorno. l nomi dei clienti li scrive a matita per poi cancellarli così la carta si strappa sull’ultima "a" dell’ultima donna perduta, perciò ritrovata.





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