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294 cenno dei recenti studi del d.r cantor

gevole, e che sembra derivata piuttosto dall’idea di formare un quadrato equivalente al circolo, anzi che da quella di rettificarne la circonferenza. L’area del triangolo isoscele è supposta uguale al prodotto del lato per uua metà della base; e l’area del trapezio simmetrico a basi parellele è supposta uguale al prodotto di uno dei lati non paralleli per la semisomma delle basi. Queste regole noi sappiamo che sono false generalmente. Esse sono approssimativamente valevoli soltanto quando la base del triangolo e le due basi del trapezio sono molto piccole rispetto ai lati delle rispettive figure; in altri termini, quando in queste figure la larghezza è molto minore dell’altezza. Forse tali condizioni saranno state adempite in una certa misura nella disposizione ordinaria adottata per le parcelle di terreno. Che che sia di questo, tali regole così imperfette pare siano rimaste per molti secoli come canone invariabile dell’agrimensura egiziana, poichè esse si trovano messe in pratica in un altro documento egiziano anteriore appena di un secolo all’èra cristiana. Intendo parlare di una iscrizione geroglifica scolpita sul muro esterno del tempio di Oro nella città di Apollinopoli grande, oggi detta Edfu, nell’alto Egitto sopra Tebe. Tale iscrizione, o piuttosto complesso d’iscrizioni, è stato studiato da Lepsius nelle memorie dell’Accademia di Berlino del 1855, e contiene null’altro che l’enumerazione simultanea dei lati e delle aree di 52 parcelle per lo più quadrilatere di terreno, donate in varie epoche al tempio come fondazioni pie di diversi re. Alcune parcelle triangolari sono designate come quadrilateri, di cui un lato è uguale a zero. Ora, confrontando i lati di ciascuna figura coll’area corrispondente, si trova che per tutte quelle figure, che sono quadrilateri d’ogni forma, l’area assegnata è stata ottenuta facendo il prodotto delle semisomme dei lati opposti; le regole del papiro Rhind sono evidentemente casi particolari di questa. Lepsius veramente cerca, con una spiegazione artifiziosa, di salvare l’onore degli agrimensori, che calcolarono le parcelle del tempio d’Edfu, supponendo che i quattro numeri esprimenti le dimensioni dei quadrilateri non siano precisamente i loro lati. Tuttavia il solo fatto, che quei geodeti credevano di determinare l’area di un quadrilatero con quattro soli elementi, basta a convincerci della loro ignoranza delle cose di geometria, quand’anche il parallelismo offerto dal papiro Rhind non attestasse formalmente contro l’interpreta-