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razione degli organi d’accertamento e d’esecuzione del diritto; così che, se esse non ledono gli stati reagenti di coscienza di queste persone, possono lungamente durare, essendo pure in contrasto eolla coscienza giuridica di tutti gli altri membri dello Stato. Per la più parte delle norme non avviene questo; esse esigono invece che vaste masse di cittadini cooperino alla loro applicazione con un’attività positiva o negativa, aiutando cioè lo Stato a far prevalere la sua volontà o almeno non opponendosi all’azione degli organi statuali. E occorrerà quindi in tal caso alla durata della norma l’acquiescenza di queste masse, le quali possono, forse con una certa iperbole, chiamarsi popolo.

Posto questo, è soltanto trascurando per la sua relativa piccolezza la parte non tralaticia di un diritto, e dentro alla tralaticia la parte certo minore, alla cui applicazione basta la cooperazione degli organi d’accertamento e d’esecuzione accennati, che non si erra affermando che il diritto di un popolo esprime la sua coscienza giuridica. Ma non si erra, purchè si intenda una coscienza acquiescente e non una coscienza volente. Il diritto di un dato popolo potrà anche esprimere una coscienza volente, quando almeno la maggioranza dei cittadini siano autori politici per lunghi secoli del diritto. Il fatto possibile entra nella proposizione da cui siamo partiti. Dove questo non sia, esso esprimerà sempre un arbitrio di minoranze, riducibili anche ad una sola persona, che ha per limite la reazione delle coscienze. L’azione costante della coscienza giuridica popolare consiste adunque non nel creare, ma nell’eliminare norme. Elimina le nuove a cui non si acqueta e le antiche a cui non si acqueta più. E se fortunatamente l’arbitrio non è di regola tirannico, uè sono frequenti troppo i conflitti fra il popolo e il suo diritto, ciò ha la sua causa solo in questo che normalmente gli autori politici del diritto appartengono al popolo stesso per cui legiferano, onde gli stati reagenti di questo sono anche i loro; e la norma che li lede non è quindi fatta e, se esiste, non è mantenuta.

La teoria democratica suesposta sulla formazione del diritto, se è accettata dal socialismo giuridico, è anche radicalmente modificata. Nel pensiero dei primi propugnatori di essa e di tutti i suoi seguaci non socialisti la coscienza giuridica popolare costituisce un’unità; perchè come unità è da essi concepito il popolo. Nel pensiero invece dei socialisti essa si scioglie