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muscoli si rilasciano un poco; ma la diminuita tensione, che il giuocatore sente essere ora sopravvenuta e che alla sua volta si riconnette al ricordo d’un qualche colpo precedente fallito per la poca velocità impressa alla palla, gli desta il timore opposto di dare una spinta troppo debole: nelle oscillazioni ora più ora meno ampie del braccio, che avvicinano e allontanano prima di effettuare il colpo la punta della stecca dalla palla, chi assiste al giuoco vede riflettersi il succedersi rapidissimo di affettività opposte che si svincolano a vicenda e che a vicenda si smorzano o si contempcrano e che poi riescono al risultato finale di imprimere alla palla esattamente la forza dovuta.

Parimente, lo scrittore che tenta di togliere colle proprie dita un pelo dal pennino è trattenuto talmente dal timore di sporcarsele d’inchiostro che il primo tentativo di afferrare il pelo non gli riesce quasi mai, perchè stringe le punta delle dita quando sono ancora troppo distanti dall’estremità del pennino e quindi anche dal pelo. Il primo tentativo fallito dà luogo allora al timore che il tentativo successivo fallisca esso pure, e questo contro-timore inibisce in parte e smorza quello di sporcarsi le dita, sì che il desiderio di togliere il pelo perviene ora ad imprimere al braccio e alle dita proprio quel tanto di contrazione che è necessario per afferrare la punta sporgente del pelo, senza toccare nel tempo stesso la puuta del pennino imbevuta d’inchiostro.

È appunto a questo contrasto affettivo, che sorge immancabile appena ci accingiamo a compiere un atto «accuratamente», che è dovuto il fatto ben noto che l’attenzione diretta ad atti, già meccanizzatisi pel lungo uso, ne rende l’esecuzione meno pronta e meno perfetta di quella automatica: «Una connessione automatica di dati elementi o movimenti non ha niente da guadagnare dall’intervento dell’attenzione, anzi, perde effettivamente in esattezza e rapidità di realizzazione se l’attenzione venga rivolta su di essa».1.

Così la recitazione d’un brano di poesia, imparato tanto bene a mente da potere essere ripetuto meccanicamente, diviene incerta ed inceppata se poniamo attenzione ad essa. Parimente, una persona che scriva il suo nome colla mas-

  1. O. Külpe, The Problem of Attention, «The Monist», Chigago, The Open Court Publishing Co., Oct. 1902, pag. 61.