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esiste una filologia indiana? 359

tali, latti veggenti da una scienza superumana, rivedono tutto l’infinito corso delle esistenze anteriori e sue e dei suoi discepoli e dei suoi ascoltatovi, ai quali per ammaestramento morale egli racconta or questo or quell’episodio di una vita anteriore o sua o di loro. Ognuno di questi racconti costituisce un jâtaka, e consiste in una novella o in un apologo — anche apologo, perchè, secondo la dottrina indiana della metempsicosi, un’anima poteva rinascere anche nel corpo di un animale. Nei jâtaka pâlici dei Buddisti noi abbiamo conservato senza dubbio un antichissimo patrimonio di leggende popolari; nò la ricca messe è limitata a questo solo genere di racconti, perchè anche negli altri testi del Canone, soprattutto nelle sezioni dei Sûtra e del Vinaya1 , troviamo numerose leggende intercalate nei testi o nei commenti.

Se dai testi palici torniamo ai pràcritici, troveremo un materiale non meno copioso. Già vedemmo che il K.S.S., la grande enciclopedia della novellistica indiana, deriva da un opera in pràcrito composta sul principio dell’Era volgare. E come, nella letteratura pàliea, il Canone buddistico ci offre un’ampia congerie di credenze e di racconti, così, nella letteratura pràcritica, il vasto Canone dei Giáina2 ci fornisce, nei testi e nei commenti, un ricco e nuovo raccolto, tanto più interessante, in quanto lo studio scientifico di esso è ancora poco più oltre che agli inizi.

Potrebbe alcuno obbiettare che queste leggende, per quanto numerose e ragguardevoli, sono pur sempre limitate alle opere canoniche di due sette religiose, e che quindi non inette conto di studiare i prâcriti e il pâli per poter leggere un numero di testi pur sempre limitato, per quanto si voglia vasto. A parte la superficialità dell’obbiezione — (e vedremo che per troppe altre ragioni la conoscenza di queste due letterature s’impone a ogni serio studioso della civiltà indiana) — sta il fatto che intere raccolte di novelle sono state composte in pràcrito, e che non di rado le redazioni sanscrite riposano su precedenti redazioni pràcritiche. Basterebbero a dimostrarlo i rapporti, di cui già tanto parlammo, del K. S. S.

  1. È noto che il Canone buddistico comprende tre sezioni: quella del Vinaya o disciplina, dei Sutra o prediche e racconti, dell’Abhidharma o metafisica.
  2. Sul Canone dei Giàina, vedi Weber, Ueber die Iteiligen Schriften de>Jaina, in Indisehen Studivi, XVI, p. 211 e sgg. e XVII p. 1 e sgg.