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Gioacchino aveva certo qualcosa nella fantasia, che gli dava fastidio. Si metteva a sedere, piantando i gomiti sulla tavola e posando le guance scarne sulle mani stecchite, e abbassava le palpebre come se volesse meditare lungamente su qualche grave sciagura; ma, dopo un minuto, balzava in piedi, andava allo specchio appannato e piccolo che era posto sul cassettone, contemplava la sua triste imagine con lo sguardo stralunato, e vedendosi più giallo del solito (non aveva chiuso occhio in tutta la notte) sentiva un brivido scorrergli dalla testa ai piedi. Allora si tastava il polso e gli pareva di aver la febbre.

La finestra era spalancata, ma, benchè non fossero ancora le sette della mattina, faceva un caldo d’inferno. Il sole di luglio dardeggiava una luce spietata, che, seguendo in quel