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vade retro, satana 11

un’orazione interna, breve, ma fervidissima. Un sordo, esercitato a leggere sulle labbra, avrebbe colto dai moti convulsi di quelle del prete alcune voci spezzate: Strictissima obligatio... inviolabiliter... sigillum confessionis.

Frattanto il dottore sorrideva, pensando alla rusticità del curato. Aveva compiuto egli i suoi studi di scienza medica niente meno che a Vienna, e in quegli otto mesi n’aveva proprio viste di belline. Le raccontava, adombrate appena di un velo, persino a sua moglie. Sì, signori, per allargarsi la mente, per non lasciarsi afferrare dalle idee storte e sentimentali, per acquistare l’esperienza del mondo, per imparare i modi garbati, è necessario vivere, almeno un certo tempo, nella capitale. Fra le montagne non si possono educare che gli orsi. Povero curato, il suo massimo viaggio era stato quello di Trento!

— Don Giuseppe, mi permetta di parlarle schietto: ella, scusi, mi sembra un tantino pessimista. — Dette queste parole quasi per tentare il terreno, il medico ristette, aspettando una risposta. La risposta non venne: Don Giuseppe aveva assunto un’attitudine raccolta e placida.

Fattosi coraggio, il dottore continuò: — Può darsi, non lo nego, che le cose previste da lei, reverendo, sieno tutte vangelo, e che una brutta catastrofe sovrasti alla povera valle; ma potrebbe anche darsi, chi lo sa? che le faccende andassero lisce. Lavorano negli