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150 santuario

— Pasquale, Pasquale, una bottiglia di Barolo, di quello che Sua Eminenza bevette l’ultima volta, ma bada di non sbagliare, del più vecchio, c’è scritto l’anno 1850, e non iscuotere la bottiglia, portala adagio adagio come se fosse una reliquia.

— Grazie, non posso, ho bevuto troppo.

— L’ultimo dì dell’anno, mi canzona! E com’è stata ch’è venuto qui a passare l’ultima notte?

— Ero ai Tre Turchi.... —

Pasquale annunziò una deputazione. La deputazione si componeva di un solo vecchietto bianco e curvo, che, in nome dei cinque o sei sacerdoti, i quali vivono rannicchiati nelle loro camerette dell’ospizio anche gli eterni mesi dell’inverno, era venuto ad augurare il buon anno al signor rettore. Borbottata con impaccio infantile qualche parola, il pretucolo se ne andò via, spaurito del suo gaio e inquietissimo superiore, del forestiero nuovo, e forse degli avanzi della cena sardanapalesca.

— Ero ai Tre Turchi da due giorni per certi affari urgenti di mio padre, un fallimento improvviso; e dovendo partire domani sera.... —

Pasquale annunziò un’altra deputazione. Entrarono due donne. L’una si avanzò placidamente verso il rettore, che prese un aspetto compunto, abbassando gli occhi e giungendo le mani all’altezza del petto; l’altra rimase all’uscio e mi piantò gli occhi addosso. Era