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206 meno di un giorno

L’orologio del corridoio aveva suonato da un po’ di tempo le dodici quando s’udì un gran fracasso: qualcuno entrava nella camera a destra, e dalle fessure della porta si vide una striscia di luce. Due stivaloni furono gettati sul pavimento, un corpo si buttò sul letto, e, dopo qualche minuto, principiò un russare profondo, continuo.

La mattina seguente io provavo un certo inesplicabile stringimento al cuore. Nel cielo d’un bell’azzurro dolce veleggiavano poche nuvolette dorate; ma la luce del giorno mi sembrò melanconica. Doveva esserci nel mio sorriso qualche cosa di strano, perchè Matilde, pallida, mi chiese due volte:

— Che cos’hai? Ti senti poco bene? —

Le pigliavo la mano bisbigliando:

— Non ho nulla. Ti amo tanto! —

Quando la vidi entrare in vagone e, con i begli occhi pieni di lagrime sempre fissi su di me, allontanarsi nel lungo treno e sparire, mi sentii come alleggerito di un peso. Avevo l’animo vuoto, ma il respiro più libero.