Pagina:Senso.djvu/233

Da Wikisource.

il demonio muto 231

Mi guardò nel volto con attenzione minutissima, e invasa da una crescente contentezza: — È lui — esclamò — lui stesso. Ecco il naso aquilino, il fronte alto, le labbra sottili, le folte sopracciglia, gli occhi neri. È lui, lui, proprio lui! —

Nel sottopormi a questo esame la vecchia decrepita s’accostava al mio viso, vicino vicino, giacchè il crepuscolo cominciava a imbrunire. Sentivo l’acre respiro di quel cadavere ischeletrito.

— Lo stesso sguardo — continuava — e la stessa voce! È lui, proprio lui. — E intanto si faceva il segno della croce, e mi baciava il lembo della cacciatora.

— Avrei dato — ripigliò — tutta la poca vita che mi resta per trovare un discendente del Santo. Ora posso morire in pace. Restituirò al nipote ciò che ho rubato all’avo. Venga con me fino al mio casolare, là sulla montagna. Non c’è tempo da perdere. Potrei morire da un momento all’altro — e s’incamminò.

Già cominciava a far buio. Il cielo, che s’era tornato a coprire di nubi, diventava nero. Scendemmo dietro la chiesa un centinaio di passi; poi, entrati in una viuzza, si principiò a salire. La vecchia ansava. La strada era formata di sassi puntuti e sconnessi, con pozzanghere ad ogni tratto e qualche torrentello. Incespicavo negli sterpi. Dei tronchi d’albero disseccati sbarravano il sen-