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senso 291

Era già nato in me, senza ch’io neppure me ne fossi avveduta, un pensiero bieco, ancora indeterminato, ancora annebbiato, il quale m’invadeva adagio adagio l’anima intiera e la mente, il pensiero della vendetta. Avevo offerto tutto a quell’uomo, ero vissuta per lui, senza di lui m’ero sentita morire, con lui ero salita in cielo; ed il suo cuore, i suoi baci egli li dava ad un’altra! La scena a cui avevo assistito, mi si dipingeva tutta dinanzi; vedevo ancora sotto a’ miei occhi quelle lascivie. Infame! Corro per lui, superando ogni ostacolo, sprezzando ogni pericolo, gettando nel fango il mio nome: corro ad aiutarlo, corro a confortarlo, e lo trovo sano, più bello che mai e nelle braccia di una donna! E lui, che mi deve tutto, e la sua ganza, calpestano insieme la mia dignità ed il mio affetto e mi scherniscono e mi vituperano. E sono io che pago le loro orgie; e quella donna bionda si vanta, nuda, di essere più bella di me; e lui, lui (m’era serbato questo supremo obbrobrio) la proclama lui stesso più bella!

Tante emozioni m’avevano affranto: l’ira, che bolliva dentro di me, aveva messo in tutto il mio corpo una febbre ardente, che mi faceva tremare le gambe. Non sapevo dove fossi; non volevo, nè potevo farmi accompagnare da un passante fino all’albergo per chiudermi di nuovo nella carrozza; mi posi a sedere sulla sponda del fiume, fissando gli occhi nel cielo nero. Non trovavo requie;