Pagina:Sequi - In val di Bisenzio, Pichi, Arezzo, 1883.djvu/22

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dell’operazione subita, aveva anche animo di mantenere presso il Generale la promessa di restituirli l’anello consegnatomi come ricordo, e che religiosamente aveva conservato, e conservò come vera reliquia. Portatici alla residenza del malato Eroe, io mi rivolsi ad uno dei tanti militi suoi seguaci, che ad assisterlo là si trovavano, e feci noto il desiderio che aveva di salutare il Generale. Un ufficiale Garibaldino, che mi fu indicato come confidente del Generale, mi fece intendere che per ordine dei medici curanti, era espressamente proibito a chiunque di conferire col medesimo paziente, ritenendo che anche la semplice conversazione di poche parole avrebbe potuto nuocere all’illustre sofferente. Dispiacenti io ed il mio amico di non potere nemmeno vedere in viso l’uomo tanto desiderato, ci rassegnammo ad allontanarsi lasciando i nostri biglietti da visita, affinchè il Generale conoscesse la nostra venuta in quel luogo. Il suddetto ufficiale allontanandosi pochi passi da noi per entrare nella camera del paziente, fu da me richiamato per un’idea balenatami nella mente, e che posi in effetto. Toltomi dal dito l’anello di Annita pregai il confidente di unire quello al mio biglietto, e mostrarlo al Generale. Quegli con un’indifferenza, per non dir peggio, prese l’anello entrando in camera, ed io mi restai col Franceschini in attesa di che non sapeva neppure io stesso.

Dopo pochi istanti sentii la voce del Generale che diceva al confidente «fate che passi ed il confidente rispondendo, ma Generale sapete che i medici non vogliano che siate disturbato, si ammutolì alla tuonante ripetizione del Generale medesimo, che disse fate che passi, perdio! Allora il confidente aprì la bussola ed io e Franceschini ci trovammo in faccia all’illustre malato che chiamandomi a braccia aperte mi diceva vieni amico. Non dirò qui le sensazioni da me provate allorquando un vicendevole abbraccio ci riunì in un felice istante, contraccambiandoci fra noi affettuosi amplessi. Io gli presentai il dott. Franceschini che commosso dirottamente piangeva, ed il Generale rivolto al suo confidente che attonito ed immobile era restato al vedere quella scena così sensibile ed inaspettata dissegli: Voi non volevate introdurre da me questo mio amico; questi è il mio salvatore, al quale diedi in ricordo l’anello di