Pagina:Sequi - In val di Bisenzio, Pichi, Arezzo, 1883.djvu/7

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giorno, scendea nella valle di Bisenzio, traversando i monti, e le foreste, onde sottrarsi alle orde barbariche, del suo sangue già sitibonde.

Là in quella valle appunto io mi trovavo, quando le armi repubblicane di Francia, mossero ad abbattere la consorella repubblica Romana per imporre a quel popolo generoso di piegare nuovamente il collo al pesante giogo del ripristinato Governo.

Nel villagio di Vajano che posa su di una amena collina alla destra del Bisenzio, e alla distanza di chilometri 10 circa dalla città di Prato, io risedeva per accudire alla direzione di alcuni lavori stradali, che appresso il detto villaggio si costruivano.

L’alba del precitato 26 Agosto penetrando traverso le semiaperte imposte della finestra di mia camera, situata alla parte di levante della casa dei signori fratelli Bardazzi, mi sorprendeva già sveglio da un sonno leggero ed interrotto per la inquietudine, in me prodotta dalla notizia dolorosa ricevuta, di malattia in cui era caduto mio padre lontano, non che, dalla lettura dei fogli pubblici ricevuti il giorno precedente, nei quali si narravano le gesta degli oppressori della libertà italiana, e gli ultimi sforzi dei nostri prodi, animati, e guidati dal valoroso Duce Garibaldi, e che sopraffatti dal numero superiore dei nemici, e mal coadiuvati da coloro, che in quei tempi saliti in alto, mostraronsi più abili a demolire, che ad inalzare il grande edifizio Nazionale. Furono i pochi eroi rimasti costretti a cedere il campo, e sbandarsi quà e là, insieme al loro Duce per le campagne romane, onde scampare da obbrobriosa morte, invidiando coloro che aveanla incontrata in battaglia, e che gloriosamente perirono col grido viva l'Italia.

Poggiata la testa sul palmo di una mano stava passando in rivista con la mente i succedutisi avvenimenti dal 1846 sino a quel giorno, e mi rammaricava con me stesso, di non aver potuto versare ancor io il mio sangue in prò della Patria, essendone impedito da circostanze di famiglia, e da mal ferma salute, che mi obbligò a retrocedere dall'intrapresa marcia con i volontari del 1848, perchè colto ad improvviso da un attacco di dolori