Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/174

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160 terno secco

decoro, e i bottoni della sua giubba erano sempre a tempo rinnovati, lasciava che sua moglie crepasse di fatica, incinta, mal vestita, malaticcia. Infine, mentre beveva il vino di Marano, dal fiaschetto di vetro, le narrò che più tardi era venuto il fratello di lei, Tommasina, il giovane muratore: era stato colto dal tifo, il muratore, ed era rimasto venti giorni all’ospedale della Conocchia: ora se ne tornava al paese poichè il mestiere del muratore non era più per lui con quella debolezza nella testa con quei capogiri di cui soffriva. E se ne andava al paese, a Giffoni Valle Piana: era venuto a salutare la sorella.

— Beato lui — disse Tommasina — potessi andarmene anche io!

— Libertà su tutta la linea — pronunziò gravemente Francesco.

Ella lo guardò di traverso. Non gli poteva perdonare l’inganno: l’aveva sposata solo alla chiesa, poichè le guardie semplici non possono aver moglie, promettendole di dar le dimissioni, e di mettere su qualche piccola industriola, con le sei, settecento lire di economia, che aveva fatto Tommasina da zitella. Insieme avevano mangiato le lire di economia, poi anche l’oro e poi la biancheria a dodici, a dodici: egli era rimasto guardia di pubblica sicurezza, sempre borbottando contro il servizio, sempre protestando che cercava qualche cosa di meglio, ma attaccato alla tunica, al bottone, al berretto, alle