Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/246

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d’argento, scintillanti, con una giacchetta snella a grandi bottoni artistici che le dava un’aria più giovanile del solito. Sul gran cappello di feltro azzurro cupo fremevano le piume lunghe e molte, e arieggianti quegli antichi cappelli del sedicesimo secolo francese: e la falda gettava un’ombra sul volto candido e sotto le piume cadenti la grossa treccia bionda si ammassava, luminosa. Raffaella le porse il manicotto, il portafoglio, il portabiglietti e il candido fazzolettino.

— Ora, se la signora avesse un peccerillo, andrebbe a comperare i giocattoli e il bambinello di cera... — mormorò Raffaella, con quella confidenza servile napoletana che parrebbe sfacciataggine se non fosse bonarietà.

— Non parlate di queste cose, Raffaella — disse sottovoce la padrona, abbottonandosi i guanti di camoscio.

— Vuol dire che non ci fu la volontà di Dio.... — soggiunse Raffaella, che voleva dire tutto.

E lentamente, verso le due, dopo quindici giorni di reclusione, Eleonora Triggiano uscì di casa. Non aveva direzione: non aveva nulla da fare e macchinalmente risalì sul corso Vittorio Emanuele, per andare nella chiesetta dove era solita pregare, accanto al monastero di San Pasquale. Anche sul Corso vi era una cert’animazione, e i salumai riboccavano, dalle botteghe, di salami, di prosciutti, di caciocavalli, di pezze rotonde di cacio sarda-