Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/348

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334 o giovannino o la morte

Non ebbe pace. Quando, alle tre, udì il campanello, ebbe un moto come per mandar via Giovannino, come per dirgli di fuggire. Ma restò immobile nella sua camera, vinta dall’urto nervoso che non le permetteva di far nulla, parendole il tempo interminabilmente lungo. Ma che diceva, dunque, di così lungo, Giovannino, alla cocciuta matrigna? Forse costei, com’era prevedibile, non si lasciava persuadere, e allora, forse, Giovannino la pregava, la pregava a non voler rendere infelici due cuori che si amavano: perchè la pregava quella crudele donna? Chiarina non l’avrebbe pregata, giammai, giammai; era troppo orgogliosa, preferiva qualunque dolore alla umiliazione di una preghiera. La fanciulla guardava nella strada, per calmare la sua agitazione, per vincere i suoi tristi pensieri: guardava nel vicoletto delle Gratelle, dove una stiratrice stirava, sulla porta della sua bottega, mentre ogni tanto dava maternamente un colpo di piede a un canestro di vimini, dove il suo bimbo sonnecchiava: a quel cullamento il piccolino chiudeva gli occhi, placato, e la madre dava dei forti colpi di ferro, sul petto di una camicia che fumava. Un odore acuto di conserva di pomodoro veniva dai balconi di donna Peppina Ranaudo; la indolente grassona usciva ogni tanto sul balcone, e con un mestolino rimescolava la conserva che si seccava al sole di luglio. Un gran ronzìo di mosche: e da S. Giovanni a Carbonara,