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a buttarsi, con ciera stanca, sulla sua poltroncina, sfogliando il suo libro d’immagini, con mani lente, con gli occhi vagamente fissi di chi non vede. Poi, dalle ginocchia, il libro gli cadde per terra: il galeotto accorse a raccoglierlo.

— Non lo voglio — disse il bimbo, disgustato.

— Che volete, signorino?

— Niente, niente — fece il bimbo, crollando il capo.

— Volete che vi racconti una storia?

— No, sono brutte.

— Volete che vi canti una canzone?

— .... sì canta — fece il bimbo sorridendo.

E il galeotto cominciò allegramente:

Si iesco da ccà dinto carcerato
Voglio fa venì nu serra— serra,
Voglio fa nchiude tutto lu Mercato,
Voglio mette a revuoto mare e terra.

Cantava sottovoce, ma allegramente, la minacciosa canzone del carcerato, che vuol mettere a fuoco e fiamme, quando è uscito di carcere.

— Questa è troppo allegra. Cantane un’altra — disse languidamente il bambino.

E il galeotto, piano piano ricominciò a cantare una vecchia canzone triste, che sapeva fin da Napoli, dal carcere di San Francesco dove aveva aspettato due anni la sua condanna. Canzone triste,

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