Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/91

Da Wikisource.

all’erta, sentinella! 77

un luogo di pena, io credo che voi tutti gioite perchè Venezia è nostra. Il telegramma che mi annunzia la lieta novella, soggiunge: che l’entrata di Vittorio Emanuele è stato uno spettacolo commovente e magnifico, che gli uomini veneziani gridavano e piangevano di emozione, che le donne veneziane tendevano i bambini al Re d’Italia, a Vittorio Emanuele, perchè li benedicesse. Che gran cosa, amici miei, è questa che è accaduta oggi. Voi, certo, non potete udirla, senza che un lieto orgoglio vi mandi le lagrime agli occhi.

Tutti gli echi, dintorno, risuonavano di applausi. Cecilia, dietro le persiane, attaccata al legno per non cadere, teneva il fazzoletto sulla bocca, come per soffocare i sospiri. Vi fu un momento di pausa e come una grande ondulazione fra la folla: i soldati e gli ufficiali pareva si fossero ristretti intorno al capitano Gigli, e pareva che i galeotti si sospingessero innanzi, muti, con gli occhi sbarrati, fissi sul direttore del Bagno penale. Costui li guardava; anzi con una sola occhiata in giro li guardò tutti, come se volesse indovinare il segreto delle loro anime.

— O galeotti, — egli disse con voce sonora, che ebbe una vibrazione in tutte le orecchie, in tutte le anime — galeotti, ho voluto che, innanzi alla bandiera italiana sapeste anche voi che Venezia è nostra. Dovunque, nelle città e nei villaggi, nei paeselli e nelle borgate, nelle capanne