Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/140

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136 nella lava


— Ma che! abbiamo il camerino doppio, staremo benissimo, vieni, te ne prego. — Subito, il volto simpatico di Enrichetta si rischiarò: sua madre, la grassa serva dal volto macchiato di lentiggini, rassicurata, si alzò, trascinando gli scarponi gialli, e andò a comperare due soldi di ciambelle. Erano le undici e mezza, non vi erano più sedie disponibili nel salone, i giovanotti restavano in piedi, nei leggieri ed eleganti vestiti estivi, col cappellino di paglia buttato indietro sulla fronte, dondolando la borsettina d’incerato gialla, sospesa a un cordoncino, facendo ala o circondando le ragazze. Il caldo diventava insopportabile, i ricciolini artefatti si discioglievano sulle fronti sudate, le mamme, le vecchie parenti, si facevano vento rumorosamente. Caterina Borrelli, dalle due grosse trecce buttate giù per le spalle, dal vestito di percallo troppo corto sul davanti, con gli occhiali bizzarramente inforcati sul naso, dal sorriso ironico, si sventolava con un numero del Piccolo piegato a ventaglio, dondolandosi maschilmente sulla sedia, ridendo sottovoce con la sua amica, Annina Casale.

Erano due alunne della Scuola Normale, che avevano superati gli esami felicemente e si davano bel tempo nelle vacanze, passando mezza giornata al bagno, rientrando in casa alle tre, con una fame da lupo, dormendo dopo pranzo, come tutte le fanciulle borghesi napoletane, in estate.

Fra le due, Caterina Borrelli era sempre quella che aveva qualche liretta in tasca e le consumavano insieme, in paste, in ciambelle, in biscotti, mangiando prima, dopo e durante il bagno; erano famose, nello stabilimento,