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telegrafi dello stato 49


grammi di candidati ai grandi elettori, ai sindaci, ai segretari comunali, raccomandandosi: le ultime, ferventi, pie raccomandazioni: — telegrammi umili, ardenti, pieni di concessioni precipitose e di promesse disperate. Poi una circolare politica, del Ministero dell’interno, l’ultima, a tutti i prefetti e sotto prefetti del regno, in cifra, quattro cento settantadue gruppi di numeri, una fatica immensa, con la paura continua di un errore di cifra che avrebbe guastato il senso del dispaccio: e per ogni cifra sbagliata, l’impiegato paga sei lire di multa. Ma l’accesso di febbre telegrafica fu a mezzogiorno. Da tutti i comunelli, da tutti i grossi comuni, da tutti i capoluoghi, da tutte le sottoprefetture, arrivavano i risultati delle frazioni, al Ministero dell’Interno, alla Stefani, ai giornali, ai candidati, agli amici dei candidati, ai capipartiti, alle associazioni politiche: e subito dopo, telegrammi privati di commenti, di sfiducia, d’incoraggiamento, di speranze moribonde, di trionfo, di congratulazione, di aspettazione, di bestemmie, di amarezza, di scetticismo. Alle tre del pomeriggio, l’accesso febbrile divenne furioso. Nella sezione maschile erano attivati quattro fili con Roma, due più dell’ordinario e il ritardo era di tre ore; con Firenze, con Milano, con Torino vi era un ingombro tale di dispacci, che si contavano a serie di dieci. Tutte le macchine. Morse, Siemens, Hughes, doppia Hughes, Steele erano in movimento: i due capoturni erano presenti, andando e venendo, come sonnambuli, col sigaro spento, un fascio di telegrammi in mano. La porta di comunicazione con la Sezione Femminile era semiaperta, caso nuovissimo, ma nessuno si voltava.

4 — Il Romanzo della Faciulla.