Pagina:Serao - La conquista di Roma.djvu/123

Da Wikisource.

La Conquista di Roma 119


«Tutte queste signore vanno alla commemorazione?» domandò Sangiorgio.

«Sì, proprio!» ghignò Giustini. «Non lo sanno neppure che vi è una commemorazione. Vanno a villa Pamphily, a passeggiare: è venerdì ed il tempo è bello: vale a dire, è il grande scirocco romano che fa mangiar poco, dormir molto, ammollisce i nervi e fiacca la volontà. Del resto, le donne sanno quel che si fanno».

«Bah!» fece Sangiorgio, con un atto di disprezzo per le donne. Giustini lo guardò a lungo, come per giudicarlo mentalmente, ma non gli volse domanda. Passavano Porta San Pancrazio, la Via delle Mura s’inclinava, stretta e sinuosa, a diritta verso la Valle dell’Inferno e il Vaticano, a sinistra verso villa Pamphily. Un’osteria di cocina con vino delli castelli, innanzi a cui stavano ritti ed indifferenti due carabinieri: poi una strada con una siepe di spini che la divideva; a sinistra, una muraglia alta e bigia, scrostata; a un punto, in una sporgenza, una porticina di legno tarlato, su cui era scritto il nome del podere e della villa che era dietro quella muraglia: Il vascello. E il nome, glorioso, bastava — e la lapide sul muro